giovedì 27 dicembre 2007

Intervista a un portiere milanese

Io e la mia compagna Chiara percorriamo Viale Piave, in direzione di piazzale Oberdan. C'è un bel cielo sereno. Sulla strada, incontriamo un elegante cancello in ferro battuto che ci incuriosisce. Proviamo ad entrare.















Incontriamo il custode.
"Stiamo seguendo un progetto su Milano. Possiamo vedere il cortile?"
Lui è diffidente, ci chiede: "Le fotografie verranno pubblicate su qualche rivista o per conto di qualche giornale?"
"No, no... non si preoccupi... le foto verranno utilizzate esclusivamente per la nostra università".
Riflette un istante, poi sorride e dice: "Sapete, come portiere ho delle responsabilità.... per questo vi ho fatto tutte queste domande. Devo badare alla sicurezza dei condomini... non si è mai troppo prudenti oggigiorno".
Sorride ancora, imbarazzato, come volesse scusarsi. Poi, senza dire altro, ci apre il cancello. Questo emette un suono particolare, un cigolio dal rumore antico. Il custode ci rivela che ha più di un secolo.
Ci fa passare e ci porta nel cortile. Mentre scatto alcune foto, Chiara gli rivolge delle domande:




















"Che tipo di gente abita qui?"
"Gente comune: famiglie con bambini, impiegati, liberi professionisti, dottori, avvocati... insomma, persone che puoi incontrare in tanti altri palazzi di milano".
Un signore molto elegante scende le scale e viene verso di noi. E' alto, ha la pelle nera, indossa un cappotto grigio scuro, in mano tiene una valigetta ventiquattrore. Saluta il custode con un gesto cortese e si dirige velocemente verso l'uscita.
"Vedete quello?" ci dice il portiere "sta andando al Metropol di Viale Piave, a pochi passi da qui. Lavora lì... ma non saprei dirvi di cosa si occupa. Sono tutti molto riservati i miei condomini."
"Lei da quanto lavora qui?" "Trentacinque anni. Praticamente una vita."
"Le piace il suo lavoro?" "Sì. E' un lavoro utile. Ci sono tante cose da fare in un condominio... e se
ti impegni e le fai bene la gente te ne è riconoscente. Soprattutto qui, a Milano, dove i ritmi incalzano e tutto dev'essere sempre bene organizzato e predisposto per garantire la massima efficienza".




















"Cos'è che preferisce del suo lavoro?" "Amo coltivare, qui nel cortile, un pò di verde... non è stato facile mettere le piante perchè proprio qui, sotto di noi, ci sono i box per le auto e l'acqua rischiava di fare infiltrazione. Alla fine ce l'ho fatta... è bello trovare un pò di vegetazione tra tutte queste mura, non trovate? E poi è una soddisfazione veder crescere quello che hai seminato... è un pò come avere dei figli." Sorride, gli brillano gli occhi.




















Scatto le ultime foto, poi ci guardiamo tutti e tre per un'istante. "E' stato un piacere incontrarla", gli dico.
"Anche per me è stato bello scambiare con voi due parole. In questa città non è facile incontrare qualcuno disposto a fermarsi per ascoltare. Hanno tutti una gran fretta di andare e di fare....".
Ci accompagna verso il cancello. "Tornate pure quando volete, ragazze" dice. Poi si gira e lentamente fa ritorno verso la portineria. Lo sentiamo fare un lungo sospiro. Io e Chiara ci guardiamo, riflettiamo alcuni secondi, in silenzio. Lo sferragliare di un tram sulle rotaie ci ricorda che siamo ancora nel cuore pulsante della metropoli. "Non c'è tempo! non c'è tempo!" è la città che ci chiama, trascinandoci di nuovo nel suo ritmo frenetico e inarrestabile.

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